VIDAS: Volontari Italiani Domiciliari per l’Assistenza ai Sofferenti

VIDAS: la speranza che non abbandona

Fondata a Milano nel 1982, VIDAS è la risposta concreta a una domanda profonda: “Chi starà con me, quando sarà davvero difficile?” Da oltre quarant’anni l’associazione è accanto ai malati inguaribili e alle loro famiglie. A sostenere i malati ci sono volontari selezionati e formati, perché è proprio nella relazione, nel tempo dedicato, che la cura diventa qualcosa di più di un protocollo: diventa relazione che protegge.  Ogni gesto la regolazione di un farmaco, un massaggio per sciogliere una contrattura, un supporto psicologico, un colloquio sul senso di ciò che si sta vivendo restituisce alla persona la possibilità di sentirsi ancora soggetto, non solo paziente. Il sostegno non finisce con l’ultimo respiro: VIDAS offre anche percorsi gratuiti di supporto al lutto, perché chi resta non venga lasciato solo nel silenzio delle domande e del dolore. 

C’è chi arriva alle cure palliative con un senso di sconfitta: “Non c’è più niente da fare”. Ma è proprio qui che queste cure dimostrano la loro forza rivoluzionaria: c’è ancora moltissimo da fare.

Le testimonianze dei familiari seguiti da VIDAS parlano di “luogo di poesia”, di “ultimo tratto di vita vissuto con dignità, serenità, rispetto”. Sono parole che raccontano quanto le cure giuste, nel momento giusto, possano trasformare l’ultima fase della vita in un tempo comunque pieno: pieno di gesti, di sguardi, di “ti voglio bene” che forse non si erano mai trovati il coraggio di dire prima. Un diritto, non un favore

In una stanza d’ospedale, in un salotto di casa, in un corridoio dove il tempo sembra fermarsi, la cura cambia il volto della sofferenza. Le terapie non sono solo farmaci, flebo, monitor. Sono mani, sguardi, parole che dicono a chi sta lottando: “Tu conti, fino all’ultimo istante.” È questo il cuore delle cure palliative e di supporto: non promettono miracoli, ma garantiscono qualcosa di altrettanto prezioso – dignità, sollievo, presenza. In Italia, realtà come VIDAS hanno deciso di fare di questo impegno una missione quotidiana: offrire assistenza completa e gratuita ai malati inguaribili, a casa e negli hospice, grazie a équipe multidisciplinari che si prendono cura non solo del corpo, ma anche dell’anima del paziente e della sua famiglia. Oltre la malattia: la persona al centro  Associazioni come VIDAS non sostituiscono il sistema sanitario, ma lo completano, lo umanizzano, lo rendono capace di vedere l’intera persona, non solo la diagnosi.

Sostenere queste realtà significa difendere un’idea di società in cui nessuno viene lasciato solo nell’ora più difficile. Significa dire, che il valore di una vita non si misura in anni, ma nella qualità di ogni singolo giorno, fino alla fine.

Le immagini di medici e infermieri che si chinano sul letto di un malato, di volontari che ascoltano in silenzio, di familiari sostenuti nel loro dolore, sono più che scene di assistenza: sono fotografie di civiltà. Parlare di queste cure e di realtà come VIDAS significa dare voce a chi, ogni giorno, lavora perché la sofferenza non abbia l’ultima parola. Finché qualcuno si prende cura di te, la tua vita è riconosciuta, rispettata, amata. E questo, forse, è il modo più grande che abbiamo per dire: la tua vita conta, fino all’ultimo respiro.

Dedico questo articolo a Viviana ovunque si trovi, per il suo esempio di forza e per i suoi cari che soffrono per il distacco.

http://www.Vidas.it

Distrofia di Duchenne: La Testimonianza di una Madre

  Famiglie Duchenne: la resilienza quotidiana. La testimonianza di una madre

La distrofia muscolare di Duchenne è una diagnosi che arriva all’improvviso, scuote gli equilibri e costringe le famiglie a reinventarsi. Ma è anche, per molti genitori, l’inizio di un percorso in cui convivono fatica, scoperta e una resilienza che si costruisce giorno dopo giorno. Lo racconta una madre che ho avuto modo di intervistare, la cui esperienza offre uno spaccato autentico di ciò che significa vivere questa realtà. «La disabilità è faticosa, rende la vita complessa e complicata», esordisce senza esitazioni. Ma aggiunge subito un elemento inatteso: «Ti consente di scoprire parti di te che non avresti mai immaginato, di incontrare persone, luoghi, opportunità che non avresti incrociato altrimenti». Nelle sue parole emerge con forza una prospettiva che non nega le difficoltà, ma prova a rileggerle. «Ogni volta che accade qualcosa di negativo cerco sempre un risvolto positivo. Penso che sarebbe potuta andare peggio e mi concentro su ciò che ho, invece che su ciò che la malattia toglie».

Il futuro, per chi affronta la Duchenne, può presentarsi con tinte cupe. Paura, incertezza, preoccupazione accompagnano spesso le prime fasi dopo la diagnosi. Eppure questa madre invita a non farsi travolgere: «Non spaventatevi. Vivete ogni giorno cercando il lato positivo di ogni situazione. Il futuro non sarà così brutto e triste come sembra all’inizio. Anzi, saprà sorprendere». A sostenere la famiglia è anche l’impegno associativo. La donna è attiva in Parent Project, realtà che da anni supporta le famiglie Duchenne. «Il carattere e la forza di mio figlio mi danno speranza, ma anche il lavoro con l’associazione mi aiuta. Mi fa sentire che sto facendo qualcosa per lui, per noi, e per chi non ha la possibilità di partecipare come vorrebbe». La gestione quotidiana resta impegnativa: «Le giornate sono piene e il tempo non basta mai». Nonostante ciò, cerca di ritagliarsi piccoli momenti per sé e per la coppia: «Sono spazi brevi, a volte pochissimi, ma necessari per mantenere l’equilibrio».

Il rapporto con la comunità esterna è un capitolo a sé. Secondo la madre, la solidarietà c’è, ma non sempre emerge spontaneamente. «La maggior parte delle persone è solidale. Ma siamo noi, a volte, a non chiedere aiuto, a chiuderci. E non possiamo aspettarci che gli altri comprendano ciò che non conoscono, se non lo spieghiamo». Proprio per questo la sensibilizzazione diventa un punto cruciale. «Finché non ti tocca da vicino, non puoi immaginare davvero le difficoltà. Io stessa ero così. Per questo il lavoro delle associazioni è fondamentale». Alla domanda su come si guardi al domani, la risposta è sincera: «Sì, ho paura. Ma con il sostegno di mio marito so che ce la faremo». La famiglia, racconta, si regge su un equilibrio dinamico, fatto di pazienza e collaborazione: «Quando uno è più stanco, subentra l’altro. L’unione e la condivisione sono indispensabili. E, col tempo, tante cose si aggiustano». Questa testimonianza mette in luce non solo le sfide della Duchenne, ma anche le risorse che molte famiglie scoprono lungo il percorso: impegno, solidarietà, amore e una forza che si rivela spesso proprio nei momenti più complessi.

Abileconte incontra la città di Ferrara

Ferrara, una rete che sostiene: il ruolo chiave dello Sportello Sociale Non Autosufficienza

A Ferrara esiste un luogo dove le difficoltà non vengono archiviate come pratiche, ma ascoltate come storie. È lo Sportello Sociale Non Autosufficienza – CAAD, realtà centrale nel sistema di welfare cittadino, che affianca ogni giorno persone con fragilità e famiglie che cercano risposte concrete.

Lo sportello opera nella sede della Cittadella San Rocco e rappresenta il punto di accesso per chi necessita di consulenze sugli adattamenti dell’abitazione, ausili, valutazioni a domicilio e orientamento nei percorsi socio-sanitari. A gestire le richieste è un’équipe multidisciplinare che integra competenze tecniche e sociali, con un obiettivo chiaro: garantire maggiore autonomia e qualità della vita a chi si trova in condizioni di non autosufficienza.

Accanto al CAAD si sviluppa la Rete degli Sportelli del Comune di Ferrara, un progetto che negli ultimi anni ha ridisegnato il rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione. La rete, nata dall’assessorato alle Politiche Sociali, ha ampliato i punti di ascolto sul territorio, offrendo un accesso più semplice, immediato e personalizzato. Il risultato è un sistema che intercetta i bisogni prima che diventino emergenze, facilitando l’incontro tra persone e servizi. Dal 2021 a oggi sono state gestite decine di migliaia di richieste: numeri che raccontano la portata di un servizio sempre più riconosciuto come presidio stabile di prossimità.

Oggi la sfida è accompagnare una comunità che cambia: l’invecchiamento della popolazione, le nuove vulnerabilità sociali, la crescente complessità dei bisogni familiari. In questo scenario, CAAD e Rete degli Sportelli rappresentano un modello di intervento basato sulla collaborazione tra istituzioni, tecnici, operatori e cittadini.

Un modello che, al di là delle procedure, mette al centro la relazione. Perché dietro ogni domanda c’è sempre una persona. E l’obiettivo, a Ferrara, è non lasciarla sola.

Angela: La signora di Milano con la musica nel cuore

Angela: la voce che ha sconfitto il silenzio

Milano ha mille suoni, ma ce n’è uno che spicca tra tutti: quello di Angela. Una voce che nasce dal cuore, che vibra tra i muri della città e che racconta una storia di rinascita, coraggio e amore per la vita. Angela non canta per chiedere. Canta per dare. Per donare un sorriso, per ricordare a chi passa che ogni giorno può ancora essere un dono. La musica l’ha sempre accompagnata, sin da bambina. È la sua passione più grande, quella che non l’ha mai abbandonata. Il suo stile preferito? Quella musica “bossanova e jazz”, come ama definirla lei: un genere vivo, ruvido e sincero, che profuma di libertà e di autenticità. Nel suono della sua voce c’è la leggerezza del vento e la forza di chi ha conosciuto la tempesta. Perché la tempesta, Angela, l’ha davvero attraversata. Nel 2021 la sua vita si è fermata all’improvviso. Le hanno diagnosticato una rara patologia, la sindrome di Guillain-Barré. Un nome difficile, una prova durissima. Il corpo che non risponde, i giorni che diventano mesi, il silenzio che prende il posto delle note. Per quindici lunghi mesi, la sua voce è rimasta sospesa. Ma non la sua anima. In quel tempo sospeso, la musica è rimasta con lei. Come un filo invisibile che la teneva legata alla vita. Non l’ha tradita. È stata la sua compagna di viaggio, la sua terapia più potente, la sua ascensore sociale e spirituale. Grazie alla musica, Angela è risorta. Ha rimesso i piedi sul suolo del mondo e ha deciso di tornare lì dove tutto per lei ha sempre avuto senso: in mezzo alla gente. Oggi la trovi per le strade di Milano, microfono in mano e sorriso negli occhi. Non chiede elemosina. Dona emozioni. Canta per allietare le giornate di chi passa distratto, per ricordare che la bellezza si nasconde anche nei momenti più semplici. Ogni melodia è una celebrazione della vita che ha riconquistato, respiro dopo respiro. Angela oggi non ha rinunciato a vivere. Anzi, vive a pieno. Con tenacia, con coraggio, con quella dolce ironia di chi ha imparato a sorridere anche al dolore. Il suo sorriso, infatti, non l’ha mai perso. 
È così, tra le luci di Natale e il via vai della città, la sua voce risuona come una preghiera laica, una dichiarazione d’amore alla vita stessa.

Angela oggi Canta per ricordarci che rinascere è possibile.