Più Investimenti nel Para – Sport; più accesso e più inclusione

Quando lo sport apre davvero le porte

Nel mondo di oggi spesso chiuso dietro barriere invisibili  lo sport per le persone con disabilità ha un potere profondo: quello di trasformare vite, abbattere pregiudizi, creare inclusione. È con questo spirito che International Paralympic Committee (IPC), dal palco del Forum internazionale organizzato da UNESCO a Santiago del Cile, lancia un appello forte e chiaro: i governi devono aumentare gli investimenti nel “para-sport”. Lo fa per ricordarci che lo sport non è un privilegio riservato a pochi, ma un diritto di tutti  e che, per molte persone con disabilità, rappresenta uno strumento di emancipazione, fiducia in sé, socialità. Come sottolineato da Kristina Molloy, Deputy CEO dell’IPC, il “para-sport” è un driver di inclusione e di cambiamento sociale.

Eppure, nonostante la sua forza trasformativa, la strada è lunga: ad oggi, un bambino su tre con disabilità non ha accesso all’educazione fisica. Un dato che parla chiaro: non basta volerlo serve intervenire concretamente.

Per questo l’IPC, in collaborazione con UNESCO e altri attori internazionali, propone una roadmap concreta per garantire: infrastrutture sportive accessibili, tecnologie assistive, formazione di insegnanti e allenatori sensibili all’inclusione, ed equità nella rappresentazione mediatica. Più investimenti significa più palestre accessibili, più allenatori formati, più opportunità di partecipazione  ma anche un segnale forte: che la società riconosce valore e dignità ad ogni persona, al di là delle sue abilità.

In Italia, in questi mesi, si parla sempre di più di “sport per tutti”: nuove strutture, sinergie pubblico-private, progetti per promuovere attività fisica anche nei piccoli centri. Serve però uno sforzo sistematico, una volontà reale e concreta, non solo parole.

In un momento storico in cui lo sport può diventare volano di coesione sociale, non possiamo permetterci di lasciare indietro nessuno: il para-sport non è un di più, ma una priorità perché lo sport è umano, e l’umanità è per tutti.

Il Simbolo delle Paraolipiadi Invernali Cortina 2026

Il cuore che si muove: il significato profondo del simbolo paralimpico.

Tre curve. Tre colori. Un abbraccio in movimento.
Il simbolo delle Paralimpiadi non è soltanto un marchio: è un battito. Un battito che appartiene a chi non si arrende, a chi trasforma gli ostacoli in possibilità, a chi ogni giorno riscrive la propria idea di limite. I tre segni arcuati  chiamati Agitos, dal latino agito, “mi muovo” danzano nello spazio come scie di energia. Il rosso, il blu e il verde non sono scelti a caso: sono i colori più diffusi nelle bandiere del mondo, perché il messaggio della Paralimpiade non conosce confini. Sono tre slanci che sembrano rincorrersi, avvicinarsi, sostener­si, proprio come fanno gli atleti paralimpici nelle loro storie di coraggio.

Gli Agitos formano un cerchio incompleto, simbolo perfetto dell’essere umano: mai davvero finito, mai davvero definito. Sempre in movimento, sempre in evoluzione. È un invito a guardare oltre ciò che appare, a riconoscere la forza interiore che muove ogni gesto, ogni scelta, ogni conquista. Il simbolo delle Paralimpiadi racconta che il valore più grande non è arrivare primi, ma andare avanti.
Andare avanti quando sembra impossibile. Andare avanti quando il mondo ti guarda con stupore, con ammirazione, con quel silenzioso rispetto che nasce solo davanti all’autentica grandezza.

In quel segno che vibra sotto le parole Milano Cortina 2026 c’è tutto:
la determinazione, la creatività, la resilienza, l’orgoglio di chi affronta la vita come una pista da percorrere, non da temere. Le Paralimpiadi non celebrano solo lo sport.
Celebrano l’essere umano nella sua forma più luminosa:
quella che brilla quando supera se stesso.

Un appello fatto con il cuore

Su Abileconte.it abbiamo già raccontato la storia di Marco Fasanella: la sua forza, il suo sorriso, la sua inesauribile voglia di vivere. Marco non è solo un atleta, un lavoratore e un autore, ma un esempio luminoso di determinazione e dignità.
Oggi, però, attraverso il nostro blog, Marco fa qualcosa in più: lancia un appello sincero, profondo, fatto col cuore, rivolto alle istituzioni italiane e internazionali. Una richiesta di ascolto, di attenzione e di impegno affinché nessuno, davvero nessuno, venga più lasciato indietro.

Il fulcro del suo appello è chiaro: costruire una società in cui le persone con disabilità possano studiare, lavorare, amare e vivere con la stessa dignità di chiunque altro. Un’Italia in cui la diversità non sia un ostacolo, ma un valore. Nel suo intervento, Marco chiede a Governo, Parlamento, Regioni, scuole, Università e Organizzazioni Internazionali di impegnarsi davvero per un Paese più accessibile, più giusto e più umano. Non rivendica privilegi: invoca possibilità. Non cerca compassione: chiede fiducia. Il suo messaggio è un richiamo alla responsabilità collettiva. Un invito a rispondere non solo con leggi e politiche, ma con il cuore.
Perché, come dice Marco, “io ci metto la mia voce

 

Cani Guida: Occhi Fedeli e un Simbolo di Libertà

 

Un cane guida ti cambia la vita. Parla Vittorio Ilario Biglia, Referente Nazionale settore Cani Guida GDL4

Per una persona non vedente, l’incontro con il proprio cane guida è uno di quelli indimenticabili 
Un passo alla volta, una zampa alla volta, nasce una relazione fatta di fiducia, rispetto e libertà.
Ne parliamo con Vittorio Ilario Biglia, Referente Nazionale del settore Cani Guida Gdl4, che da anni si batte per i diritti di queste coppie speciali.

Signor Biglia, che cosa rappresenta un cane guida per chi non vede? Un cane guida è molto più di un aiuto: è una parte di te.Ti dà sicurezza, ti accompagna, ma soprattutto ti restituisce la libertà di  muoverti nel mondo. Quando una persona non vedente tiene quella maniglia, non tiene solo un guinzaglio: tiene in mano la propria indipendenza. È un legame che non si spiega, si vive.”

Non è facile però ottenere un cane guida, vero?

No, non è facile. In Italia ci sono ancora poche scuole specializzate e tante richieste.
Servono mesi, a volte anni, per addestrare un cane e trovare la persona giusta per lui.
È un lavoro delicato, fatto di pazienza, sensibilità e professionalità. Ma quando il binomio si forma, nasce qualcosa di magico: due esseri viventi che diventano una cosa sola.

Ancora oggi, ci sono luoghi che negano l’accesso ai cani guida…? Purtroppo sì.
Nonostante la legge parli chiaro. La Legge 37 del 1974 garantisce il libero accesso in tutti i luoghi pubblici e sui mezzi di trasporto  accade ancora che un cieco venga fermato all’ingresso di un bar o di un taxi. È un gesto che ferisce, perché significa non capire. Il cane guida non è un intruso, è un compagno di viaggio. Quella persona ha il diritto di entrare ovunque, come chiunque altro.”

Cosa dovrebbe sapere chi incontra una persona con il cane guida?

La prima cosa da sapere è non toccare mai il cane mentre lavora. Non va accarezzato, né chiamato, né distratto. Durante la guida, il cane è concentrato: protegge il suo conduttore e ogni distrazione può essere pericolosa. E poi non bisogna avere paura: sono animali dolcissimi, addestrati con grande attenzione, puliti e vaccinati. Sono veri professionisti, solo che al posto della divisa indossano una pettorina.”

Che cosa direbbe a chi pensa che il cane guida sia un privilegio?

Non è un privilegio, è un diritto. È come un bastone, come un ausilio tecnologico, come una sedia a rotelle: è uno strumento per vivere meglio. Avere un cane guida non significa avere qualcosa in più, ma qualcosa di essenziale. Significa poter vivere con dignità, con autonomia, con gioia. Cosa serve oggi, secondo lei, per migliorare davvero la situazione? Serve cultura, prima di tutto.
Bisogna educare le persone, insegnare ai bambini che il cane guida non si tocca, che ha diritto di passare per primo, che non è un animale qualsiasi. E poi servono più risorse per le scuole di addestramento e più sostegno per chi ne ha bisogno. Perché la libertà non deve mai essere un lusso.”

Un messaggio finale?

Guardate una persona non vedente che cammina col suo cane: quello è un piccolo miracolo quotidiano. Due esseri viventi che si capiscono senza parole.