Marco Fasanella: un cromosoma in più e una marcia in più

Chi è Marco Fasanella

Ci sono storie che commuovono e che ispirano. Tra queste, quella di Marco Fasanella risuona come un inno alla vita, un manifesto di forza, passione e speranza. In lui convivono sogni, calci, pagine scritte e un sorriso che non si spegne mai. Marco Fasanella è un giovane milanese che convive con la sindrome di Down, ma per lui questa condizione non è una barriera: è una spinta, una marcia in più. Nato nell’aprile del 1991, vive a Corsico, nella cintura urbana di Milano. La sua vita è fatta di molti volti: atleta nella nazionale italiana FISDIR di calcio a 5, autore, barista, e ora anche performer nel mondo del teatro. Ma prima di tutto, Marco è  come lui stesso ama dire un ragazzo che ama la vita. Il campo è casa: lo sport come sacrificio e gioia. Il calcio lo ha portato oltre i propri limiti, là dove la squadra diventa famiglia e le battaglie diventano sfide collettive. Marco si è unito alla nazionale FISDIR qualche anno fa dopo aver superato le selezioni. Con la maglia azzurra ha partecipato a tornei internazionali — Trisomie Games (vittoria nel 2016), Europei 2018, Mondiali 2017 (dove ha alzato il trofeo da campione) e altri appuntamenti. Il 2017 resta una pietra miliare: nel Mondiale di calcio a 5 per persone con sindrome di Down, la nazionale italiana ha vinto, e a Marco è stata donata la maglia numero 10 per il suo compleanno (14 aprile).

Ma non si ferma sul campo da gioco. Marco lavora come barista e, con grande dedizione, ha insegnato ad altri il mestiere: un impegno concreto e quotidiano, fatto di relazioni, sorrisi, lavoro e sudore.

“Per non lasciare indietro nessuno”

Nel 2022 Marco ha coronato un altro grande sogno: ha pubblicato il suo primo libro Per non lasciare indietro nessuno. Sindrome di Down: un cromosoma e una marcia in più. In circa 85 pagine, racconta la sua storia le difficoltà, le gioie, i sogni, l’amore e la passione per lo sport  e manda un messaggio chiaro: la sindrome di Down non è un freno. È una risorsa, una possibilità di guardare il mondo con occhi particolari. Ha parlato di sogni grandi, e spera davvero che la politica lavori davvero per non lasciare indietro nessuno. Il nostro amico Marco non si è fermato neanche davanti a un palcoscenico. Ha debuttato in teatro con lo spettacolo Pinocchio Rock, il ragazzo di legno, al Teatro Delfino di Milano. Lì, con il corpo e la voce, ha tolto le etichette e mostrato che ogni persona ha storie da raccontare, merita di essere vista e ascoltata.

Cosa ci insegna Marco

Abbracciare la differenza! Il vero limite non è un cromosoma in più, ma la chiusura mentale. Marco ci ricorda che l’inclusione nasce dal rispetto e dall’incontro.  Sognare e agire! Non basta desiderare: bisogna mettersi in cammino. Marco non ha aspettato che altri scrivessero per lui la sua storia: l’ha scritta con le sue mani, con il suo cuore. Lo sport come scuola di vita! Il campo insegna il rispetto, il sacrificio, la squadra. E non importa “chi fai parte”: importa che tu dia il massimo.  La cultura come percorso d’identità! Scrivere, recitare, raccontarsi: questi atti ci danno sostanza. Farlo vuol dire assumere il proprio potere, accettarsi e affermarsi. Leggendo la storia di Marco Fasanella pensiamo a quante voci non si sentono, quanti sogni vengono nascosti o ignorati. Ma lui ha scelto di farsi vedere, di mettere a nudo la propria vita con coraggio. Nessuno è perfetto, ma ognuno ha valore. E la storia di Marco è un invito: a non restare spettatori, a camminare assieme, a fare spazio nel mondo per chi  secondo la società potrebbe essere “diverso”.

Ho Conosciuto Marco..

Ci sono persone che, quando le incontri, ti lasciano qualcosa dentro.  Non per quello che possiedono, ma per ciò che trasmettono. Marco è una di quelle persone.Un ragazzo pieno di gioia, con un sorriso che illumina e una voglia di vivere che travolge chiunque gli stia accanto. Lo guardi e capisci subito che non è uno che si accontenta: lui vuole spaccare il mondo, ma lo vuole fare a modo suo con amore, arte e autenticità. Marco è un vulcano di idee, un’esplosione di energia positiva. Ama la musica italiana, quella che sa raccontare la vita con parole semplici e vere. Ama scrivere poesie, mettere nero su bianco i suoi pensieri, le sue speranze, le sue battaglie. Perché Marco non scrive solo per sé: scrive per tutti noi. Il messaggio che porta avanti è chiaro, forte e necessario:

Il mondo è bello. Basta guerra, basta mafie, basta bullismo soprattutto verso chi è più fragile.”

Nei suoi scritti e nella sua vita quotidiana, Marco invita a guardare oltre la disabilità, a vedere la persona prima della condizione. Ci ricorda che ogni individuo ha un valore unico, un talento, una luce che merita di essere riconosciuta. Lui lo sa bene, perché quella luce l’ha imparata a vederla prima di tutto dentro di sé, grazie a una famiglia che gli ha insegnato l’amore vero: quello che non giudica, che accoglie, che incoraggia. E oggi Marco porta quel modello fuori, nel mondo. Lo porta con le sue parole, con i suoi gesti, con la sua presenza luminosa. In un’epoca in cui è facile puntare il dito e difficile aprire il cuore, Marco ci ricorda che la gentilezza è rivoluzionaria, che la diversità è una ricchezza, e che la vita, nonostante tutto, resta una meravigliosa avventura da condividere. Marco non è solo un ragazzo pieno di sogni. È un esempio vivente di speranza.

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Abileconte incontra la Città di Vicenza

Vicenza, città da toccare, ascoltare, vivere

Vicenza, Camminare per le vie di una città d’arte, scoprire un museo o partecipare a una pedalata lungo la campagna veneta: gesti semplici, quotidiani, che per molte persone con disabilità possono diventare conquiste. È da questa consapevolezza che nasce il Progetto “Turismo Sociale Inclusivo”, promosso da ULSS 8 Berica con il sostegno della Regione Veneto e della Presidenza del Consiglio dei Ministri. Un’iniziativa che, più che un progetto, è una visione: trasformare il turismo in un’esperienza davvero accessibile a tutti, dove il diritto alla scoperta e alla bellezza non conosce barriere. Vicenza è tra i primi territori a credere nella sfida dell’inclusione turistica. Grazie al progetto, la città del Palladio diventa laboratorio di accoglienza: dieci tour inclusivi nel centro storico consentono di esplorare piazze, palazzi e musei senza ostacoli architettonici, accompagnati da guide formate e da strumenti di supporto alla comunicazione. Le opere d’arte tattili in 3D nei Musei Civici permettono a chi non vede di “sentire” la forma e la storia delle sculture. E le brochure in Comunicazione Aumentativa Alternativa (CAA) aiutano le persone con disabilità cognitive a orientarsi e partecipare. Il risultato è un turismo che non si limita a “permettere l’accesso”, ma che invita all’esperienza, alla partecipazione emotiva e culturale. Dietro i numeri e le schede tecniche, ci sono storie: mani che esplorano rilievi, occhi che sorridono davanti a un’opera “vista con il tatto”, famiglie che tornano a viaggiare insieme. “L’arte e la cultura devono appartenere a tutti  raccontano gli operatori del progetto perché solo una città accessibile è una città davvero viva.” Questa è la forza del Turismo Sociale Inclusivo: non inventa nuovi luoghi, ma cambia il modo di guardarli, di viverli, di raccontarli.

Tra le iniziative più originali ci sono anche le Pedalate Inclusive: percorsi ciclabili studiati per accogliere persone con mobilità ridotta o esigenze specifiche. Accanto all’attività fisica, il progetto apre spazi di Inclusione Lavorativa: cinque persone con disabilità hanno intrapreso tirocini nel settore turistico, in ruoli che spaziano dalla reception all’animazione, fino alla cucina e alla lavanderia. Piccoli numeri, forse, ma enormi simboli di un cambiamento culturale: la disabilità che diventa risorsa, competenza, presenza attiva nella società. Un turismo accessibile non nasce per caso. Per questo il progetto ha coinvolto operatori turistici, ristoratori, commercianti e personale alberghiero in percorsi di formazione specifica su accoglienza, design universale e comunicazione inclusiva. L’obiettivo è semplice ma ambizioso: costruire un Veneto in cui nessun turista debba chiedere “posso entrare?”

Raccontare il “Turismo Sociale Inclusivo” significa ricordare che la disabilità non è un limite individuale, ma una responsabilità collettiva.
Ogni gradino eliminato, ogni segnaletica in più, ogni corso di formazione è un passo verso una società che non si accontenta di “integrare”, ma sceglie di accogliere. Perché viaggiare, conoscere e meravigliarsi non deve essere un privilegio di pochi.
È e deve restare un diritto di tutti.

Qui in basso il link del Progetto Turismo Sociale E Inclusivo dell’ULSS 8 Berica

   https://www.aulss8.veneto.it/progetti/progetto-turismo-sociale-inclusivo/ 

Right for Inclusion

Biografia di Nicoletta Di Rosa: Fondatrice di Right for Inclusion

Mi chiamo Nicoletta Di Rosa, sono nata e cresciuta a Modica, in provincia di Ragusa, il 2 marzo 1987.
Sono nata con idrocefalia congenita, una condizione che mi ha causato emiparesi sinistra, ma che non mi ha mai impedito di vivere pienamente la mia vita.
Sono una persona solare, piena di energia e vitalità, sempre pronta a cogliere il bello che ogni giorno può offrire. Mi considero empatica e aperta: amo ascoltare, confrontarmi e creare connessioni autentiche con le persone.
Nel mio percorso ho incontrato ostacoli legati alla disabilità, ma non li ho mai lasciati definire chi sono. Al contrario, ho scelto di affrontarli con forza e determinazione, trasformando ogni difficoltà in un’occasione per crescere.
Per me, la disabilità non è un limite, ma una risorsa che mi ha insegnato a guardare il mondo con occhi diversi.
Nel 2018, grazie a un caro amico — anche lui schermidore — ho scoperto la scherma paralimpica. Avevo voglia di mettermi in gioco, e da quel momento non ho più smesso. La scherma è diventata per me più di uno sport: è una scuola di vita che mi ha insegnato il valore del lavoro di squadra, della condivisione e dell’inclusione.
Dopo il diploma in Scienze Umane, ho scelto di proseguire i miei studi con il Corso di Laurea in Scienze del Servizio Sociale. Il mio sogno è diventare Assistente Sociale, per essere un punto di riferimento per chi affronta sfide personali, sociali o relazionali.
Voglio ascoltare, sostenere e incoraggiare, offrendo fiducia e comprensione a chi ne ha bisogno.
Credo fermamente che ogni persona porti dentro di sé una scintilla: basta coltivare le proprie passioni e non arrendersi, anche quando la strada sembra in salita.
Mi rispecchio profondamente nelle parole della campionessa paralimpica Bebe Vio, che dice:
Se sembra impossibile, allora si può fare.”

 

Cosa è la disabilità? 

Per Nicoletta la Disabilità non è mancanza di qualcosa anzi è un modo diverso di guardare il mondo, di affrontare le difficoltà e superare quei limiti che spesso ci impone la società e che spesso ci imponiamo noi stessi

 Right for Inclusion
In un mondo che parla sempre più di progresso, innovazione e crescita, esiste ancora una sfida silenziosa ma fondamentale: l’inclusione.
Essere inclusi non significa solo “essere presenti”  significa sentirsi visti, ascoltati e valorizzati per ciò che si è.
Ecco perché il “Right for Inclusion”  il diritto all’inclusione non è un favore, ma un diritto umano essenziale.
Tutti abbiamo il diritto di vivere in un ambiente in cui le differenze non siano un ostacolo, ma una ricchezza.
Che si tratti di genere, origine, orientamento, abilità, lingua o cultura, ogni persona porta con sé una storia che merita spazio e rispetto.
L’inclusione non è una politica aziendale, né una moda del momento: è una scelta quotidiana.
È lo sguardo che accoglie invece di giudicare, la mano che tende invece di escludere. Essere inclusivi significa saper ascoltare con empatia.
Significa comprendere che non tutti partono dalle stesse condizioni e che l’uguaglianza reale nasce solo quando offriamo pari opportunità di espressione e partecipazione. Non basta “non discriminare”: serve creare spazi accessibili, rappresentativi e sicuri per ogni identità.
Ogni gesto conta dal linguaggio che usiamo alle scelte che facciamo perché l’inclusione vive nei dettagli, ovvero 
dalla nostra capacità di cambiare prospettiva, di abbattere stereotipi, di riconoscere il valore dell’altro.
Il “Right for Inclusion” è il diritto di appartenere senza dover rinunciare alla propria unicità. È il diritto di camminare accanto agli altri, non dietro.
È la promessa di una società che non teme la diversità, ma la abbraccia come la sua più grande forza.

Perché l’inclusione non è solo giustizia sociale. È amore, rispetto è fututo

 

Abileconte.it incontra la città di Reggio Emilia

Reggio Emilia, la città che abbatte le barriere con il cuore

 

A Reggio Emilia l’inclusione non è uno slogan, ma un progetto concreto, costruito giorno dopo giorno insieme ai cittadini.
Si chiama “Reggio Emilia Città senza Barriere”, un’iniziativa nata nel 2014 e diventata, nel tempo, un modello di welfare di comunità riconosciuto in tutta Italia.

L’obiettivo è semplice da dire, ma complesso da realizzare: trasformare la città in uno spazio realmente accessibile a tutti, dove le differenze non dividono ma arricchiscono, e dove la bellezza non è un privilegio per pochi. Reggio Emilia ha scelto di affrontare non solo gli ostacoli fisici, ma anche quelli mentali.
Le barriere, infatti, non sono solo muri e scalini, ma spesso si nascondono negli sguardi, nei pregiudizi, nella mancanza di ascolto. Per questo il progetto si muove su più fronti: mobilità, scuola, lavoro, cultura, sanità, sensibilizzazione.
Tavoli tematici, incontri pubblici e laboratori coinvolgono famiglie, associazioni, istituzioni e cittadini in un percorso partecipato che mette al centro la persona, non la disabilità.

 “Non si tratta di eliminare le differenze, ma di valorizzarle”,  vede la Fondazione “Reggio Emilia Città senza Barriere” al fianco del Comune e di numerose realtà sociali. Tra gli strumenti più innovativi del progetto spicca il Profilo Esistenziale di Vita: un documento che raccoglie i desideri, le paure e le aspirazioni delle persone con disabilità, restituendo loro voce e protagonismo. Non un modulo burocratico, ma una traccia di vita che serve a costruire percorsi personalizzati di autonomia e benessere. Il modello, nato a Reggio Emilia, è già stato adottato da altre città italiane  tra cui Merano a testimonianza di un approccio che mette davvero al centro la persona, e non il suo limite. Uno degli aspetti più originali del progetto è il Manifesto del Diritto alla Bellezza, documento che ribadisce un concetto semplice ma rivoluzionario: anche chi vive una fragilità ha diritto a spazi belli, armoniosi e curati.
Perché l’accessibilità non è solo una questione di rampe e percorsi tattili, ma anche di dignità estetica e sociale. Luoghi come La Polveriera, ex complesso militare rigenerato e oggi centro di vita e socialità, incarnano questa filosofia: nessuna barriera, nessuna distinzione, solo condivisione.

Il cambiamento parte dai più giovani.
Il progetto coinvolge le scuole con iniziative come “Anche i Mostri Hanno Paura” e “Non ci riesci? Immagina!”, percorsi che aiutano bambini e ragazzi a mettersi nei panni degli altri, a riconoscere la diversità come valore, non come ostacolo.

Ogni anno, a dicembre, la città spegne simbolicamente le luci per la Notte di Luce, evento che celebra la Giornata internazionale delle persone con disabilità.
Un gesto semplice, ma carico di significato: spegnere per accendere l’attenzione.

L’esperienza di Reggio Emilia parla a tutte le città che vogliono diventare più umane e inclusive.
Insegna che l’accessibilità non è un costo, ma un investimento. Che la bellezza è parte dell’equità.
E che nessuna politica di inclusione può nascere senza ascolto. “Città senza Barriere” non è solo un progetto: è un modo di guardare il mondo.
E da Reggio Emilia arriva un messaggio chiaro: una comunità davvero civile è quella che non lascia indietro nessuno.